Benvenuto

" Il lavoro creativo è sospeso tra la memoria e l'oblio." Jorge Luis Borges


giovedì 1 maggio 2014

DELIRIO ONIRICO di Eleonora Genua

matita su foglio, 24x33


              "Lei si spoglia nel paradiso
della sua memoria
Lei non conosce il destino feroce
delle sue visioni
Lei ha paura di non sapere nominare
ciò che non esiste."

Da questo piccolo schizzo è iniziato tutto...il mio Delirio Onirico.
L'uniche parole che possono chiarire il mio stato d'animo, sono racchiuse in questa bellissima poesia di Alejandra Pizarnik.


 ©Copyright 2014

NERA TERRA di Eleonora Genua

48x33 cm Carboncino su Cartoncino



"Ho sognato quella città,
sentendo il calore del fuoco,
il freddo della solitudine.
Rumori metallici che squarciano
il silenzio dell'oscurità.
Ho visto persone vagare
in quella desolazione.
Persone che non sognano più,
ormai, da tanto tempo."

Eleonora Genua





 ©Copyright 2014

lunedì 16 luglio 2012

Ritorno dall'oscurità

Eleonora è stata sconnessa.
In più di un senso.
Ha litigato con il fornitore di ADSL, ha discusso ferocemente con un tombino ed infine ha intrapreso una lotta senza quartiere con le proprie ovaie.
Tre battaglie terribili e tre vittorie annunciate.
Certo, si è trattato di un’ecatombe, tuttavia ogni guerra prevede un ragionevole sacrificio umano e la nostra eroina, quando si tratta di “soffrire”, si mette in prima linea.
La pugna intrapresa con Tiscali si è risolta senza troppi intoppi: qualche bestemmia ed accorati vaffanculo.
Una sorta partitella amichevole, dove stracciare l’avversario, era un gioco da ragazzi.
Il tombino, invece, ha avuto la meglio.
E l’ha avuta per un buon mesetto.
La nostra Diva, con tacco da 12 cm., sgambetta, sgambetta, è crollata sull’asfalto, lasciando la caviglia nella grata del chiusino ed un polso al Creatore.
30 giorni di gesso.
Rispolverate le bestemmie e gli accorati vaffanculo, ha mantenuto la dignità senza lasciarsi andare in bieco pietismo.
“Mi versi l’acqua, mi gratti il collo, mi sistemi le scarpe, mi prendi i biscotti, mi apri la confezione di patatine…” No, non ne ha affatto abusato della sua condizione temporanea di disabile, che diamine!
Infine l’ultimo combattimento, il più duro, è in fase di conclusione: quello con il suo utero.
Le donne, si sa, ogni 28 giorni, fanno i conti con il ciclo mestruale.
Eppure, Elenoire, si ribella, non ci sta, non vuole uniformarsi.
Lei si assesta su due volte l’anno.
Semestrale, come le rate dell’assicurazione dell’auto.
Per cui, quando il maelström ormonale le concederà una tregua, riemergerà a bordo del suo personalissimo sottomarino Nautilus, continuando a deliziarci con le sue opere.
Fino ad allora, non contattatela a meno che non desideriate essere spellati vivi sul posto.
  Vera Q.

 

giovedì 22 marzo 2012

Il Film Consigliato del giorno: CELLA 211 di Daniele Monzon


TRAMA

Juan Olivier e' un secondino al suo primo giorno di lavoro.
 Per un errore grossolano viene lasciato dentro la cella 211 proprio mentre scoppia una rivolta all'interno del carcere. Per sopravvivere Juan dovra' far finta di essere un prigioniero....


RECENSIONE

Negli anni molti sono stati i film che hanno messo al centro del racconto il "mondo" carcerario; si passa senza soluzione di continuità da classici come Fuga da Alcatraz, Papillon, Brubaker, Le Ali della Libertà a veri e propri filmacci come Sorvegliato Speciale con Stallone.
 Era difficile quindi mettere in scena una storia ambientata in carcere che avesse dalla sua originalita' e soprattutto solidita' di narrazione e che non ricordasse troppo i "precedenti" appena citati.
Il giovane regista Daniele Monzon - con alle spalle al suo attivo solo un buon thriller in salsa sci-fi , "The Kovak Box" , distrubuto da noi solo in dvd - adatta - anche come sceneggiatore - un bel romanzo di Francisco Perez Gandul e riesce nell'arduo compito di girare un film carcerario solido, politcamente tosto e con tanti punti a suo favore.
Sin dalle prime battute si nota la perfezione della fotografia - di Carles Gusi -, l'efficacia dei dialoghi, mai lambiccati e sempre realistici e la tecnica precisa di Monzon nello studio dell'inquadratura.
Impossibile poi resistere alla tensione che la pellicola lentamente crea attorno al suo personaggio principale ed al capo della rivolta interna del penitenziario, Malamadre - un eccelso Luis Tosar che lo interpreta con forza e senza una minima sbavatura - un carattere che difficilmente verra' dimenticato e che entra di diritto nella storia del genere.
 Monzon poi gira perfettamente, alternando un montaggio semi-realistico a sequenze piene zeppe di ricerca visiva e non lesina critche feroci alle forze dell'ordine - estrene ed interne al carcere - buone solo a reprimere ed a picchiare senza ritegno, ai politici che sprecano chiacchere ma che si muovono solo quando sono con l'acqua alla gola ed esclusivamente per il proprio tornaconto.
Ai venduti dello stato, ai mercenari della violenza allora Monzon preferisce i derelitti del carcere, cattivi si, violenti si, ma con un animo ben definito, nei quali però non può che germogliare la pianta del tradimento che porterà la giusta rivolta dei prigionieri - che non ne possono più di essere rinchiusi in un metro per due e che cercano di ottenere solo una vita meno da animali... - fino alla tragedia finale che si abbatterà su tutto e tutti.
 Impossibile poi non entrare nella testa di Juan - un eccellente Alberto Ammann - che per sbaglio si trova a dover fiancheggiare chi nella realtà avrebbe dovuto controllare e che lentamente trova, proprio in questi "compagni" di rivolta,  persone pronte a capirlo e difenderlo.
Un personaggio quello di Juan che riflette il mondo in cui viviamo: un essere umano usato, spremuto e buttato via dalle "istituzioni" quando più non serve o quando addirittura non diviene un ostacolo al raggiungimento di piani pre-costruiti per le istituzioni stesse.

Per il regista il mondo carcerario è identico a quello esterno, viviamo in una gabbia, repressi e senza neanche avere la forza di ribellarci - o quando questo avviene il sistema di "repressione" è il solito all'interno della galera come fuori -, contenti di credere di essere liberi quando nella realta' dei fatti non lo siamo.
 Il male è attorno a noi, si sta diffondendo e porta una divisa od un completo firmato.

Testo di Federico Frusciante

martedì 13 marzo 2012

"STREGHE" di Eleonora Genua

Pelle argentea, son scrigni
di libertà immorale,
di sinuoso richiamo per
occhi che ardono di
ipocrisia, desiderio e inganno.
Son donne!!! Son streghe!!!
ed il cuore vi ruberanno!

Immagine presa dal web

lunedì 12 marzo 2012

Il Film Consigliato del giorno: BLACK DEATH di Christopher Smith


Nel 1348 la Morte Nera, la peste bubbonica, è un flagello in piena espansione in Inghilterra. Ulric (Sean Bean) è un messo del vescovo, incaricato di trovare un villaggio dove, apparentemente, la piaga non ha effetto. La curia ha richiesto l'immediato intervento di Ulric per il timore di una presenza demoniaca in questa comunità. ...

Christopher Smith è un regista che ha del talento visivo, nel suo primo film CREEP (2004) ha dato spazio ad una messa in scena rigorosa e davvero con buone idee che purtroppo svanivano di fronte ad un finale a dir poco tirato via e senza mordente.
Il film comunque incassò bene ed il giovane Smith sforno ' nel 2006 il buon SEVERANCE, uno slasher con spunti dal classico UN TRANQUILLO WEEKEND DI PAURA che colpi' l'attenzione dei critici - per la bella messa in scena e per la presa di posizione anti-capitalista - e quella del pubblico d'oltremanica .
Dopo ben quattro anni da quel promettente secondo film Smith torna con questo BLACK DEATH , buon successo in patria ma che da noi viene distribuito dalla One Movie bipassando il passaggio nelle sale.

Stavolta il regista inglese gioca la carta del film epico avventuroso in costume - che negli ultimi anni ha sfornato gioiello raro come VALHALLA RISING del grande Nicholas Winding Refn , buoni film come CENTURION di Neil Marshall e SOLOMON KANE di Michael J. Bassett  e sconcezze come 300 di Snyder o come L'ULTIMA LEGIONE di Doug Lefler - e nonostante il budget basso riesce nella difficile impresa - grazie al fondantale contribuito dello scenografo John Frankish - di rendere credibile un 1348 ricostruito nei boschi del nord Inghilterra e riesce a mantenere desta  l'attenzione del pubblico fino all'ultimo secondo della pellicola.
Il cast è composto da volti noti  per chi segue il cinema inglese ed è capitanato da un ottimo Seab Bean (che dopo IL SIGNORE DEGLI ANELLI ha sempre una parte in ogni epico) che interpreta con forza il suo cavaliere cristiano in cerca di streghe e demoni da sconfiggere .
Non da meno è l'interpretazione del giovane Eddie Redmayne - già visto in SYMBIOSIS e L' ALTRA DONNA DEL RE - che dona al "suo" prete le giute sfaccettature e la giusta dose di forza.

Smith gira con forza le scene di battaglia (mai leccate o patinate ma anzi sempre piene di sangue e polvere ), non si dimentica il  passato horror e riesce a inserire dello splatter senza risultare pesante o eccessivo.
Tutto il reparto tecnico funziona bene, dalla buona colonna sonora fino al bel montaggio.
In più convince come il regista sia riuscito a dare un taglio iper-laico alla pellicola , dando tante stoccate alla Chiesa cattolica -  ma anche a chiunque pratichi violenza in nome di una qualsiasi religione - e non risparmiando critiche verso un  periodo - quello della peste e della successiva caccia alle streghe - che ha macchiato il genere umano di tante e tali violenze da far impallidire il diavolo stesso.
Smith poi sa quando accelleare il ritmo e  quando mantenerlo basso per cercare e trovare la giusta suspance ed il giusto equlibrio tra azione e dramma.
Insomma, siamo di fronte ad un film di genere di quelli che si vedono molto volentieri e sempre più raramente e che ci racconta la follia umana  attraverso un finale eccellente e di un realismo filmico unico.
Noi siamo il male, il resto è solo superstizione.

Testo di Federico Frusciante

mercoledì 7 marzo 2012

SETE 1614 di Eleonora Genua

Carboncino e carta di riso su Cartoncino, cm 70 x 50
Opera in concorso Premio Combat 2012.
©Copyright 2011

"La, in quella terra impregnata di magia nera, all'ombra della sacra corona d'Ungheria, era nata Erzsébet. Nel concepimento di quel fiore si compiva il destino della sua razza o si esprimeva un'epoca in cui gli istinti si dibattevano ancora nelle nebbie della barbarie primitiva? L'unica cosa certa è che tra lei e le cose c'era uno spazio vuoto, quasi una parete imbottita come nelle celle di isolamento per i pazzi. Sono i suoi occhi a denunciarlo, nel ritratto che abbiamo di lei: cercava di afferrare e invece non poteva nemmeno toccare. E volersi ribellare al destino di non vivere è proprio ciò che dà il gusto del sangue: del sangue altrui, in cui forse è racchiuso il segreto che le era stato celato fin dalla nascita."
Valentine Penrose